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Le cure per il pene curvo > Le sostanze utilizzate

Le informazioni presenti in questo sito sono ottenute da PubMed
Vaccinium myrtillus (Mirtillo Americano)
Mirtiman cpr

PREPARAZIONE FARMACEUTICA CONSIGLIATA:
l'estratto secco nebulizzato e titolato in antocianosidi totali espressi come antocianidine min. 23,8% e max. 26,2% (Farmadati - Mirtiman). La posologia giornaliera utilizzata negli studi pubblicati in letteratura è di 2-3 mg./kg/die, suddivisa in due o tre somministrazioni preferibilmente lontano dai pasti.
Siccome tali studi sono stati condotti con estratti diversi con titoli diversi, il valore posologico suddetto rappresenta un valore medio indicativo.
COMPOSIZIONE CHIMICA: è una sostanza  ricca di antocianine, delle quali almeno sette sono state identificate e sono: cianidina, delfinidina, pelargonidina, malvidina, peonidina, irsutidina e petunidina. Ritroviamo poi dei flavonoidi, degli zuccheri semplici e complessi, degli acidi organici, degli acidi fenolici. Abbondanti sono anche i tannini.


L'utilizzo delle proprietà del mirtillo nella malattia di la Peyronie è dovuta
1. Capillaro protettrici (profilassi del danno ai capillari come meccanismo di crescita della placca nelle erezioni)
2. Antiossidanti  (antiradicali liberi)


PROPRIETA’ TERAPEUTICHE

Azione antiradicalica:
gli oligomeri inibiscono validamente i radicali idrofilici e lipofilici, essendo in grado di intrappolare tutte le specie radicaliche conosciute in modelli di perossidazione lipidica membranaria. Inoltre essi proteggono le membrane lisosomiali dalla perossidazione lipidica indotta dall'autoossidazione del ferro, sia intrappolando i radicali formatisi sia costituendo dei chelati che rendono il ferro indisponibile alle reazioni di ossidazione. Le procianidine inibiscono in modo non competitivo la xantina-ossidasi, che è il responsabile della formazione dell'anione superossido, con una potenza simile a quella dell'allopurinolo. Studi in vitro effettuati recentemente hanno dimostrato che l'estratto secco di mirtillo alla dose di 15 microgrammi/ml è in grado di ridurre notevolmente, in vitro, l'ossidazione delle LDL indotta dal rame, come risulta dalla spiccata riduzione della formazione di lipoperossidi, di acido tiobarbiturico e di ossisteroli. Tale azione diviene massimale dopo circa 60 minuti e permane su livelli significativi per circa 6 ore, e pare molto importante poiché è ormai ben dimostrata l'importanza dell'ossidazione delle LDL nella genesi dell'aterosclerosi vascolare.Uno studio in vitro ha mostrato che l’azione antiossidante di 100 g. di succo di cranberry contro l’ossidazione delle LDL era analoga a quella di 1 g. di vitamina C o di 3700 mg di vitamina E. Inoltre il cranberry aumentava l’espressione dei recettori epatici per le LDL e incrementava la loro cattura del colesterolo LDL in modo dose dipendente. Lo studio indica che il succo di cranberry ostacola l’ossidazione delle LDL e aumenta la rimozione del colesterolo LDL dal plasma ad opera degli epatociti (39).E’ noto che sia la dopamina sia un suo metabolica ad effetto neurotossico come la 6 OH dopamina possono essere ossidate a formare ROS, che promuovono lo stress ossidativo e sono implicati nei processi neurodegenerativi. Vi sono anche evidenze per una relazione tra il danno ossidativo mediato dalle catecolamine nei neuroni dopaminergici e gli effetti di questi neurotrasmettitori sullo stato riduttivo del citocromo c. Nei neuroni e in altre cellule lo stress ossidativo può essere incrementato da un abnorme rilascio di citocromo c e di altre proteine mitocondriali nel citoplasma, che può esitare in apoptosi cellulare più o meno marcata. La perdita dell’integrità della membrana mitocondriale contribuisce certamente a un aumentato rilascio di citocromo c, i cui livelli citoplasmatici costituiscono un buon indice dell’entità della disfunzione mitocondriale. Si è visto che questi fenomeni ossidativi erano ben antagonizzati dalle antocianidine del mirtillo nero, che li inibiva del 50% alla concentrazione di 7 muM. L’acido ascorbico anche a concentrazioni 4 volte superiori a quelle delle antocianidine suddette aveva un effetto decisamente molto inferiore ad esse. L’effetto antiossidante del mirtillo era direttamente proporzionale al suo contenuto di antocianidine ma non di quercetina o di miricetina. Lo studio indica che le antocianidine del mirtillo nero hanno una notevole azione antineurotossica, decisamente superiore a quella della vitamina C (43).Uno studio in vitro ha esaminato l’azione antiossidante, il potenziale citotossico e le proprietà antiangiogeniche di una combinazione di estratti di mirtillo nero, cranberry, fragola, lampone e ribes detto OptiBerry. La DL50 per os di OptiBerry era superiore a 5 g/kg. Non si osservavano alterazioni negli organi esaminati dopo ingestione cronica del prodotto ad alte dosi nel ratto. OptiBerry era leggermente irritante a livello cutaneo e minimamente irritante a livello oculare e non determinava alcuna modificazione del peso corporeo. Per studiare le proprietà antiossidanti del prodotto si esponevano gli animali all’ossigeno iperbarico a 2 atm per 2 ore. Si è visto che OptiBerry preveniva l’ossidazione del glutatione indotta dall’ossigeno iperbarico nei polmoni e nel fegato di ratti tenuti a dieta povera di vitamina E. Tali effetti erano presenti, anche se più sfumati, nell’intero organismo degli animali (41). Il bromato di potassio (KBrO3) è un agente ossidante che può causare danni renali, grazie alla sua capacità di generare ROS. In questo studio i ratti partecipanti ricevevano per via intraperitoneale il KBrO3 alla dose di 200 mg/kg per indurre danni renali e 5 giorni prima del tossico un estratto secco di mirtillo alle dosi di 50 o 100 o 200 mg/kg. Si è visto che questo estratto ostacolava notevolmente l’aumento di azotemia e di creatinina nel plasma e i livelli di malondialdeide, NO e xantina ossidasi nel rene, dove esercitava anche una significativa azione scavenger sui ROS. Lo studio indica che un estratto secco di mirtillo può avere azione protettiva contro i danni renali causati dal KBrO3 grazie alla sua spiccata azione antiossidante/antiradicalica (52).
Uno studio nel ratto ha testato l’ipotesi che un estratto di mirtillo possa ridurre i danni al DNA e la lipoperossidazione e aumentare gli enzimi detossificanti di fase II. Gli animali tenevano una dieta standard supplementata o meno con l’estratto di mirtillo per 3 settimane. Si misuravano l’attività della glutatione S transferas, della quinone reduttasi e della UDP glucuronosiltransferasi nel fegato e nel colon pre e post trattamento. Si è visto che le attività di questi enzimi non erano significativamente modificate dall’estratto di mirtillo, ma che i danni al DNA erano significativamente ridotti da questo estratto. I livelli urinari di F2 isoprostani, un indice di lipoperossidazione, erano immodificati dall’estratto in questione. Lo studio indica che un estratto di mirtillo non modifica l’attività degli enzimi detossificanti di fase II nel fegato e nel colon ma attenua a questo livello in modo evidente i danni al DNA (58).
Studi clinici:
È stato fatto uno studio su un gruppo di 8 volontari sani, di età compresa tra i 38 e i 54 anni e di entrambi i sessi, per valutare l’effetto dell’estratto di mirtillo sulle difese antiossidanti sieriche postprandiali. I soggetti consumavano per 7 giorni una dieta iperlipidica e, al settimo giorno, si somministrava loro polvere di mirtillo alla dose di 10 g. A partire da 60 minuti dopo tale somministrazione e per le successive 4 ore si prelevava il sangue venoso per la valutazione delle difese antiossidanti plasmatiche totali. Si è visto che il mirtillo incrementava le difese suddette dell’8,5% dopo 1 ora e del 15% dopo 4 ore (27).Uno studio clinico ha valutato l’effetto dell’estratto secco di mirtillo sui livelli plasmatici delle lipoproteine e sull’ossidazione delle LDL. Sono stati arruolati 21 soggetti apparentemente sani, che dovevano bere 7 ml/kg/die di succo di mirtillo per 2 settimane. All’inizio dello studio si è visto che i livelli di LDL ossidate erano significativamente associati con la circonferenza della vita, coi trigliceridi e con l’apolipoproteina B. La somministrazione del succo di mirtillo portava, dopo 2 settimane, ad un calo significativo delle LDL ossidate e au un significativo aumento della capacità antiossidante plasmatica totale. Non si notavano variazioni significative della lipemia o dei markers infiammatori. Lo studio conferma che il succo di mirtillo riduce le LDL ossidate e migliora le difese antiossidanti totali nell’uomo (37).
Uno studio clinico controllato ha valutato l’effetto di un estratto di cranberry sull’assetto lipidico in pazienti affetti da diabete mellito tipo II in terapia con ipoglicemizzanti orali. Sono stati arruolati 30 pazienti (16 maschi e 14 femmine), con età media di 65 anni, che dovevano assumere per os l’estratto di cranberry o un placebo per 3 mesi, misurando l’assetto lipidico, le LDL ossidate, la glicemia, la PCR e l’albuminuria pre e post terapia. Al termine dello studio si è visto che il colesterolo LDL si riduceva significativamente nei pazienti del gruppo verum (p<0,005) rispetto a quelli del gruppo placebo. Anche il colesterolo totale e la ratio colesterolo totale/colesterolo HDL si riducevano in modo statisticamente significativo (p<0,044) rispetto al pretera pia e rispetto ai valori osservati nel gruppo placebo (p<0,001 e p<0,032 rispettivamente). Peraltro l’estratto di cranberry non riduceva i livelli di LDL ossidate e non modificava quelli della glicemia, della HbA1C e della PCR. Lo studio indica che un estratto di cranberry migliora significativamente l’assetto lipidico ma non l’ossidazione delle LDL, la glicemia, la HbA1C e la PCR in pazienti diabetici in terapia con ipoglicemizzanti orali (59).

Azione anti-infettiva urinaria: Recentemente si è scoperto che gli estratti di mirtillo inibiscono l'adesione dei colibacilli alla parete dell'intestino e della vescica, fornendo così una spiegazione al loro uso come antidiarroici e disinfettanti urinari. Uno studio nel ratto ha dimostrato che l'estratto di mirtillo inibisce dell'80% l'adesività dell'Escherichia coli all'epitelio vescicale mediata dalle lectine, in tal caso chiamate adesine. Sembra che anche le proantocianidine siano capaci, in vitro, di inibire l'adesività di ceppi di Escherichia coli P fimbriati a cellule epiteliali vescicali umane. Le proantocianidine più attive in questo senso sembrano essere quelle di tipo A2, che infatti sono maggioritarie nel fitocomplesso mirtillo e circa 4 volte più abbondanti dei monomeri di epicatechina, nettamente meno attivi. Le adesine sono localizzate nelle fimbrie presenti sulla superficie batterica, e sono capaci di aderire a specifici recettori monosaccaridici e/o polisaccaridici situati sulla superficie delle cellule dell'epitelio vescicale. Un altro studio ha dimostrato che il mirtillo non solo è in grado di ridurre l'adesione dei batteri alle cellule vescicali ma è anche capace di provocare il distacco di circa il 70% dei batteri già precedentemente adesi. L'effetto inibente l'adesione batterica espletato da questa droga raggiunge il massimo dopo circa 2 ore dalla sua ingestione per via orale e permane per circa 2 ore. Uno studio in vitro ha esaminato l’effetto del succo di cranberry sull’adesione degli streptococchi presenti nel cavo orale a pezzi di idrossiapatite immersi nella saliva. Si è visto che l’incubazione dei germi col succo di cranberry riduceva in modo significativo la loro adesione e la loro idrofobicità. Inoltre esso riduceva notevolmente la formazione di biofilm da parte degli streptococchi. Questo studio conferma che il succo di cranberry può inibire l’adesione e la colonizzazione dei denti da parte degli streptococchi e quindi ostacolare lo sviluppo della placca dentaria (33).
Uno studio nel ratto ha valutato l’effetto protettivo del cranberry sul danno ossidativo renale indotto dalle infezioni vescicali in animali con reflusso vescica-ureterale divisi in quattro gruppi: 1)controllo, 2)gruppo infettato con Escherichia coli, 3)idem come il 3 ma trattato col cranberry e 4)instillazione intravescicale di Escherichia coli e iniezione intraperitoneale di melatonina. Dopo 3 settimane di trattamento i ratti venivano sacrificati e i loro reni esaminati. Si è notato che i reni dei ratti con infezione urinaria senza cranberry mostravano infiltrazione periglomerulare di cellule della serie bianca, dilatazione tubulare, atrofia tubulare e fibrosi interstiziale, mentre questi aspetti erano assai meno marcati nei reni degli animali dei gruppi 3 e 4. I livelli di malondialdeide nel tessuto renale erano significativamente più bassi nei ratti del gruppo 3 rispetto agli altri. Lo studio indica che il cranberry ha azione antiflogistica a livello renale e può prevenire lo stress ossidativo renale conseguente alle infezioni urinarie (51).
Uno studio in vitro ha esaminato l’effetto della frazione polifenolica del cranberry sulla virulenza e sulla produzione di glucani da parte dello Streptococcus mutans. Si è visto che questa frazione inibiva l’attività della glucosiltransferasi B e C e della F-ATPasi in modo significativo (p<0,05) e riduceva la produzione di acidi da parte dello Streptococcus mutans, senza modificare la vitalità delle cellule batteriche. I composti più importanti per il verificarsi di questa azione erano la quercetina 3 arabinofuranoside, la miricetina e la procianidina A2, specie in combinazione tra loro. Lo studio indica che la frazione polifenolica del cranberry è decisamente attiva contro lo Streptococcus mutans, potendo così ostacolare la formazione della carie dentaria (53).
Studi clinici
È stato fatto uno studio clinico controllato su 153 donne anziane, che erano affette da batteriuria e piuria recidivanti, per valutare l'effetto del succo di mirtillo sulla carica batterica nel tratto urinario. Le pazienti assumevano per os 300 ml. di succo di mirtillo o un placebo analogo per colore e per gusto per un periodo di 6 mesi, con valutazione della batteriuria e della piuria pre terapia e ogni 30 giorni durante il trattamento. I batteri più frequentemente ritrovati erano Escherichia coli (43%), flora mista Escherichia coli + Klebsiella species (22%) e Klebsiella species (7%). La batteriuria con piuria è stata riscontrata nel 28,1% dei prelievi di urina dei soggetti del gruppo placebo e solo nel 15% di quelli del gruppo verum. Inoltre al termine del quarto mese di sperimentazione il 75% dei soggetti del gruppo verum affetti da batteriuria e piuria prima dell'inizio della stessa aveva urine sterili, mentre ciò si verificava solo nel 35% dei soggetti del gruppo placebo. Ancora al termine del quinto mese dello studio il 9% dei pazienti del gruppo verum con urine sterili all'inizio dello stesso aveva batteriuria e piuria, mentre ciò accadeva nel 19% dei pazienti del gruppo placebo. La necessità di effettuare terapia antibiotica è stata riscontrata in 16 pazienti del gruppo placebo e in 8 pazienti del gruppo verum. Non sono state osservate differenza nel pH urinario nei due gruppi. L'effetto anti-infettivo del succo di mirtillo raggiungeva il massimo livello dopo 6-8 settimane, per poi rimanere immodificato (19). Uno studio clinico controllato ha valutato la capacità preventiva del succo di mirtillo nei confronti delle infezioni delle vie urinarie. Sono state arruolate 150 donne con infezioni delle vie urinarie da Escherichia coli, divise a random in tre gruppi. Il primo gruppo riceveva 50 ml/die di succo di mirtillo per 6 mesi, il secondo gruppo 100 ml di una bevanda contenente Lactobacillus GG per 5 giorni alla settimana per un anno e il terzo gruppo un placebo. La valutazione era fatta sul numero di infezioni sintomatiche e sulla presenza nelle urine di carica batterica. Dopo 6 mesi di sperimentazione il 16% delle donne del gruppo 1, il 39% di quelle del gruppo 2 e il 36% di quelle del gruppo 3 avevano avuto almeno un episodio infettivo. Questi dati indicano che le pazienti del gruppo 1 (mirtillo), ma non quelle degli altri due gruppi, avevano una riduzione del 20% nel rischio assoluto di contrarre infezioni delle vie urinarie (24).E’ stato fatto uno studio clinico controllato su 15 pazienti con lesioni del midollo spinale, per verificare l’efficacia dell’estratto di mirtillo sulle infezioni vescicali. Essi erano trattati con un bicchiere di succo di mirtillo per 7 giorni, con campionamento dell’urina per valutare la carica batterica, eseguire l’antibiogramma e determinare l’adesività dei germi alle cellule della mucosa vescicale. Si è visto che il succo di mirtillo riduceva in modo significativo la capacità dei batteri di aderire all’epitelio vescicale, senza peraltro produrre su di essi azione litica o comunque danni microscopicamente evidenti (20B).Uno studio clinico controllato ha valutato gli effetti di alcune preparazioni a base di mirtillo sulle infezioni delle vie urinarie nella donna. Sono state arruolate 150 donne sessualmente attive, di età compresa tra i 21 e i 72 anni, che assumevano per os 150 mg. di estratto secco di mirtillo o 250 ml. di succo di mirtillo o un placebo per 1 anno. La valutazione era fatta valutando il numero di episodi cistitici e il consumo di antibiotici durante l’anno della sperimentazione. Al termine dello studio si è visto che sia l’estratto secco sia il succo di mirtillo riducevano il numero di fatti infettivi del 20% e del 18% rispettivamente. Il costo annuo della terapia era di 624$ per l’estratto secco e di 1400$ per il succo. Il consumo di antibiotici era significativamente inferiore nei due gruppi verum rispetto al gruppo placebo. Lo studio indica che sia l’estratto secco sia il succo di mirtillo sono efficaci nelle infezioni delle vie urinarie, anche se l’estratto secco è molto più conveniente dal punto di vista economico (28).Uno studio clinico controllato ha indagato l’effetto dell’estratto di mirtillo nell’eliminare o ridurre la batteriuria e la piuria in pazienti affetti da lesioni del midollo spinale. Sono stati arruolati pazienti con lesione del midollo spinale e vescica neurogena trattata con cateterizzazione intermittente, che soffrivano di ricorrenti episodi di cistite batterica con almeno 10(5) colonie per ml. di urina. Ciascun paziente era trattato con 2 g./die di succo liofilizzato di cranberry in capsule o con un placebo per 6 mesi, eseguendo l’urinocoltura pre terapia e poi ogni mese fino al termine dello studio. Non sono state notate differenze significative tra il gruppo verum e quello placebo per quanto riguarda il tipo di batteri coinvolti, il numero di colonie per ml, il numero di leucociti urinari, il pH delle urine e i sintomi causati dalla malattia. Lo studio conclude affermando che il succo liofilizzato di cranberry non è migliore del placebo nel trattamento delle cistiti batteriche ricorrenti in pazienti con lesioni del midollo spinale (35).E’ noto che i pazienti cateterizzati vanno spesso incontro ad infezioni urinarie, e che la causa principale di ciò è la formazione di biofilm sul catetere da parte dei germi patogeni. Uno studio ha dimostrato che la somministrazione di succo di cranberry a pazienti cateterizzati riduceva in modo significativo la formazione del biofilm e quindi l’incidenza delle infezioni urinarie in questi pazienti (36).Uno studio clinico controllato ha indagato se il succo di mirtillo fosse efficace nel ridurre le infezioni urinarie in pazienti anziani ospedalizzati. Sono stati arruolati 376 pazienti, che ricevevano per os 300 mg/die di succo di cranberry o un placebo per 3 mesi. Si valutavano il numero di infezioni urinarie, il consumo di antibiotici e i batteri responsabili delle infezioni. Al termine della sperimentazione 21 pazienti avevano avuto almeno una infezione delle vie urinarie, di cui 14 nel gruppo placebo e 7 in quello verum, con un minor numero in questo gruppo di infezioni da Escherichia coli. Lo studio indica che il succo di cranberry potrebbe essere utile nella prevenzione delle cistiti, ma sono necessari studi di più ampia dimensione per dimostrarlo con certezza (38).Uno studio clinico controllato ha indagato l’effetto del succo di mirtillo sulle infezioni nasofaringee e sulla flora batterica intestinale nel bambino. Sono stati arruolati 340 bambini, con età media di 4,3 anni, che ricevevano per os il succo di mirtillo o un placebo per 3 mesi. Si raccoglievano campioni del secreto nasofaringeo per analizzare la presenza e il tipo di batteri in esso esistenti e si valutavano i livelli di acidi grassi nelle feci come indice delle variazioni della flora batterica intestinale. Si registrava il numero degli episodi di infezioni respiratorie tramite un diario apposito. Si è visto che il numero e il tipo di batteri presenti nel secreto nasofaringeo non era influenzato dal succo di mirtillo, e così pure il numero e la gravità delle infezioni delle prime vie aeree. Il succo di mirtillo non modificava neppure le popolazioni di batteri intestinali e non causava effetti collaterali degni di nota. Lo studio indica che il succo di mirtillo è attivo sulle infezioni delle vie urinarie ma non su quelle respiratorie nel bambino (40).Uno studio clinico controllato di tipo crossover ha valutato l’efficacia del consumo di succo di cranberry sull’adesività dei batteri alla mucosa vescicale. Sono stati arruolati 20 volontari sani, 10 uomini e 10 donne, che ricevevano a cena 750 ml di una bevanda così composta: 1) 250 ml. di placebo e 500 ml di acqua minerale oppure 2) 750 ml di placebo oppure 3) 250 ml di succo di cranberry e 500 ml di acqua minerale oppure 4) 750 ml di succo di cranberry per 6 giorni, facendo poi un intervallo di 6 giorni e passando in poi ad un altro trattamento (crossover). Si raccoglieva l’urina del mattino per determinare i batteri presenti e la loro adesività. Sono stati isolati 6 ceppi di Escherichia coli, 3 positivi per le fimbrie papC e 3 negativi per le fimbrie papC. Non vi erano differenze significative nel pH e nel peso specifico delle urine tra i vari gruppi studiati. Si è visto che il succo di cranberry riduceva in modo dose dipendente e significativamente l’adesività dei batteri isolati, in particolare in quelli papC positivi ma anche negli altri (42).Uno studio clinico ha valutato se un estratto di cranberry fosse capace di prevenire le recidive delle infezioni urinarie. Sono state incluse 12 donne con una storia di infezioni vescicali ricorrenti, che avevano avuto almeno 6 episodi infettivi nell’anno precedente, che dovevano assumere per os 400 mg/die di un estratto di cranberry titolato in polifenoli totali al 30% per 3 mesi. Si valutava l’incidenza delle infezioni vescicali nei 3 mesi di durata dello studio. Peraltro le donne partecipanti venivano seguite nei due anni successivi, poiché la maggior parte di esse continuava ad assumere l’estratto di cranberry. Si è notato che nei 3 mesi dello studio nessuna delle donne partecipanti ha avuto episodi di cistite, mentre quelle che continuavano per 2 anni l’assunzione dell’estratto avevano una forte riduzione del numero di episodi cistitici. Lo studio conferma che la somministrazione cronica di un estratto secco di cranberry riduce l’incidenza di cistiti nella donna (49).Uno studio ha valutato l’efficacia antibatterica dell’estratto secco di cranberry versus placebo nelle urine di volontari sani. Sono stati arruolati in un primo braccio 8 volontari sani, che ricevevano il cranberry (108 mg) o il placebo per os con un disegno di tipo crossover, con un intervallo di 6 giorni tra un trattamento e l’altro. Dodici ore dopo l’assunzione dell’estratto di cranberry o del placebo si raccoglievano le urine per valutare la presenza in esse dell’Escherichia coli e l’azione antiadesiva del cranberry. Si è visto che il cranberry riduceva significativamente l’adesione dell’Escherichia coli alle cellule epiteliali vescicali (p<0,001) e che l’Escherichia coli era assai meno capace di infettare e uccidere il Caenorhabditis elegans incubato nelle urine dei pazienti trattati con l’estratto in questione. Lo studio conferma che l’estratto di cranberry è efficace nel trattamento delle infezioni urinarie non complicate (55).Uno studio clinico pilota ha valutato l’effetto del succo di cranberry sulla batteriuria sintomatica e su quella asintomatica in 188 donne in gravidanza. Esse erano divise in tre gruppi: 1) succo di cranberry due volte al giorno oppure 2) succo di cranberry al mattino e placebo al pomeriggio e 3) solo placebo per 6 mesi. In questo periodo sono stati registrati 27 episodi infettivi urinari, dei quali 6 si verificavano nel gruppo 1, 10 nel gruppo 2 e 11 nel gruppo 3. Nel gruppo 1 vi era una riduzione del 57% dell’incidenza della batteriuria asintomatica e del 41% di quella sintomatica. Il 38,8% dei soggetti ha dichiarato di aver avuto disturbi gastrointestinali di vario tipo durante il trattamento. Lo studio indica che il succo di cranberry può ostacolare l’insorgenza delle infezioni urinarie nella donna in gravidanza (56).
Uno studio clinico controllato ha paragonato l’effetto di un estratto di cranberry a quello del trimetoprim a basso dosaggio nella prevenzione delle infezioni vescicali ricorrenti in donne anziane. Sono state reclutate 137 donne avevano avuto due o più episodi di infezione urinaria negli ultimi dosici mesi, che dovevano assumere per os 500 mg/die di estratto di cranberry o 100 mg/die di trimetoprim per 6 mesi. Al termine dello studio 25 pazienti del gruppo cranberry avevano dovuto essere trattate con un antibiotico contro 14 pazienti del gruppo trimetoprim, con una differenza tra i due gruppi statisticamente poco significativa (p<0,084). Il periodo per il verificarsi di una nuova infezione vescicale era analogo nei due gruppi. Il tempo medio di ricorrenza di un’infezione vescicale era di 84,5 giorni nel gruppo cranberry e di 91 giorni in quello trimetoprim. Le pazienti che abbandonavano lo studio per il verificarsi di eventi avversi rilevanti erano il 9% nel gruppo cranberry e il 16% in quello trimetoprim. Lo studio mostra che un estratto di cranberry ottiene un effetto simile a quello del trimetoprim nella prevenzione delle infezioni ricorrenti vescicali (60).

Azione antiaggregante piastrinica: gli antocianosidi inibiscono sia in vitro sia in vivo l'aggregazione piastrinica indotta dall'ADP, dal collageno e dall'acido arachidonico e stimolano la produzione e l'attività biologica della prostaglandina I2 (PGI2) a livello delle pareti dei capillari. Sono anche degli inibitori della fosfodiesterasi deputata alla demolizione dell'AMP ciclico, con conseguente aumento di questa importante sostanza, il che potrebbe spiegare in parte l'inibizione dell'aggregazione piastrinica. Infatti ciò aumenta la concentrazione intracellulare del calcio e ne riduce quella extracellulare, che è molto importante per il verificarsi dell'aggregazione delle piastrine. Inoltre le antocianine sarebbero in grado di inibire i sistemi enzimatici che presiedono alla sintesi del trombossano A2, che è essenziale per i fenomeni aggregativi.

Azione cardioprotettiva e capillaroprotettiva: è stata anche dimostrata la capacità degli antocianosidi di ostacolare l'azione dell'angiotensina II sulla parete vascolare, e inoltre essi sembrano in grado di indurre vasodilatazione in svariati distretti arteriosi, in particolare su quelli splenico e coronarico. Questa azione non è dovuta ad un meccanismo di tipo beta adrenergico, bensì ad un aumento della liberazione delle prostaglandine ad azione vasodilatatoria, in particolare prostaciclina (PGI2), prodotte dall'endotelio vasale. Inoltre gli antocianosidi potenziano la vasodilatazione coronarica indotta dall'adrenalina, verosimilmente inibendo l'attività dell'enzima catecol-O-metil-transferasi, responsabile della metilazione delle catecolamine e quindi del loro catabolismo, analogamente a quanto sono in grado di fare rutina e quercetina. Il Mirtillo aumenta inoltre la motilità del microcircolo arterioso a livello cutaneo e della muscolatura striata, e questo effetto è importante per la redistribuzione del flusso sanguigno microvascolare e per la formazione del liquido interstiziale. Il fitocomplesso del mirtillo pare in grado di proteggere il microcircolo artero-venoso, come dimostrato da studi fatti inducendo ischemia e poi riperfusione in tessuti di cavia in vivo. In queste condizioni si osserva un netto aumento del numero di leucociti aderenti alle pareti dei vasi e un netto incremento della permeabilità degli stessi, eventi che sono notevolmente antagonizzati dall’estratto secco di mirtillo. In tali condizioni esso si dimostra anche capace di svolgere azione tonico-trofica sulle cellule endoteliali e di incrementare il flusso sanguigno nei capillari interessati. L'ossidazione delle LDL favorisce l'accumulo del colesterolo nelle foam cells tipiche degli ateromi e genera gli ossisteroli, che sono molto citotossici, e questi fenomeni vengono ostacolati dal fitocomplesso del Mirtillo. Studi in vitro hanno evidenziato che il fitocomplesso del mirtillo è in grado di ridurre l'ossidazione delle LDL indotta dal solfato di rame, come dimostrato dalla diminuzione della produzione di acido tiobarbiturico e della migrazione elettroforetica delle LDL. Pertanto si potrebbe concludere che, siccome il danno ateromasico dell'intima arteriosa richiede la presenza di LDL ossidate, i polifenoli presenti nella dieta e in molte droghe vegetali siano capaci di ridurre tale perossidazione esercitando in tal modo azione protettiva contro le lesioni di tipo aterosclerotico dei vasi sanguigni.Anche nella rielaborazione dei dati del Seven Countries Study, l'assunzione dei polifenoli è risultata essere inversamente correlata con la mortalità per malattie cardiovascolari, contribuendo a spiegare circa il 25% della varianza nelle 16 coorti osservate. Risultati simili sono stati ottenuti dallo studio effettuato a Zutphen (Olanda), dove i soggetti di questa località sono stati seguiti per 5 anni allo scopo di valutare la loro mortalità cardiovascolare in seguito all'ingestione di una dieta particolarmente ricca di verdura e frutta crudi e quindi contenente buone quantità di polifenoli. Uno studio in vitro ha indagato l’effetto delle antocianidine del mirtillo e dell’acido idrossicinnamico sul danno indotto dal TNF alfa a livello dell’endotelio dei microvasi. Si è notato che le sostanze in esame erano capaci di localizzarsi nelle cellule endoteliali, riducendo così la vulnerabilità al danno radicalico a livello sia membranario sia citosolico. Inoltre essi riducevano la upregulation di svariati mediatori infiammatori (interleuchina 8, MCP-1 e ICAM-1) indotta dal TNF alfa e coinvolta nell’afflusso dei leucociti verso le zone di danno o di infiammazione a livello dell’endotelio. Uno studio clinico controllato ha valutato l’effetto di un succo ipocalorico di cranberry sull’assetto lipidico di pazienti obesi maschi con obesità di tipo addominale. Sono stati arruolati 30 pazienti, di età media di 51 anni, che consumavano il succo di cranberry alle dosi di 125 ml/die per 10 giorni, poi di 250 ml/die per 10 giorni e infine di 500 ml/die per altri 10 giorni. Si misuravano i parametri dell’assetto lipidico pre e post terapia. Si è notato che dopo il consumo della dose di 250 ml/die e ancor più al termine dello studio il colesterolo HDL aumentava del 14% (p<0,001), con un evidente calo dei livelli plasmatici di apoA1 (p<0,0001) e di trigliceridi (p<0,005). Non vi erano modificazioni significative del colesterolo totale e di quello LDL. Lo studio indica che il consumo di succo ipocalorico di cranberry aumenta significativamente il colesterolo HDL in soggetti maschi con obesità addominale, potendo in tal modo svolgere un effetto cardioprotettivo (44).

Azione fleboprotettiva: questa azione si spiegherebbe col fatto che le antocianine si sono dimostrate capaci di inibire l'attività di alcuni enzimi proteolitici deputati alla distruzione del collageno, quali le elastasi e le collagenasi, rendendo in tal modo il connettivo più stabile ed elastico. Inoltre gli antocianosidi agiscono sulla membrana basale della parete dei vasi sanguigni, diminuendo il livello delle glicoproteine ivi accumulate, e favorendo così la normalizzazione della resistenza e dell'elasticità della parete vasale.

Azione sull'occhio: è noto da tempo che gli estratti di mirtillo sono in grado di acuire la visione notturna. Infatti essi facilitano la rigenerazione della rodopsina, che è il pigmento retinico essenziale per la visione in condizioni di scarsa luminosità. In particolare essi agiscono sull'enzima lattato-deidrogenasi retinica aumentandone l'attività e incrementando in tal modo la rigenerazione dei pigmenti retinici. La loro utilità a livello oculare non si limita però solo a questo; infatti essi si sono dimostrati capaci di combattere la fragilità e l'iperpermeabilità vasale, mostrando quindi un'azione antiedemigena e capillaroprotettiva, ormai ben dimostrata sia a livello del microcircolo retinico sia di quello periferico.
Studi clinici.Studi clinici in doppio cieco versus placebo dimostrano che gli antocianosidi del Mirtillo riducono i danni al microcircolo retinico in modo statisticamente significativo rispetto al placebo in pazienti affetti da retinopatia ipertensiva e/o diabetica. Ricerche effettuate su soggetti adulti diabetici hanno dimostrato che la somministrazione per os di 600 mg/die di estratto secco di mirtillo provoca una significativa riduzione della sintesi del connettivo, in particolare sul collageno polimerico e sulle glicoproteine di struttura. Siccome una delle cause principali della retinopatia diabetica è l'aumentata produzione di connettivo, gli antocianosidi possono essere utili per prevenire la retinopatia diabetica.Una metanalisi clinica ha raccolto gli studi clinici sull’effetto oculoprotettivo del mirtillo. Sono stati selezionati 30 studi di qualità accettabile, dei quali 12 erano in doppio cieco versus placebo. I 4 studi più recenti erano tutti studi clinici controllati e fornivano risultati al limite della significatività statistica. Sette altri studi indicavano una superiorità dell’estratto di mirtillo nel favorire la visione notturna. 11 lavori su 12 hanno indagato l’effetto del mirtillo su soggetti apparentemente sani e senza problemi visivi, nei quali è difficile stabilire la presenza di un effetto clinico di questa droga. Non ci sono studi credibili sull’effetto dell’estratto di mirtillo in pazienti con alterazioni della visione notturna e/o con retinopatia su base vascolare. I dati ottenuti su animali con problemi di questo tipo sembrano incoraggianti, per cui sarebbe opportuno condurre studi clinici controllati in pazienti con problemi visivi (29).
Farmacocinetica: la biodisponibilità assoluta è piuttosto scarsa essendo in media l'1,2% del totale somministrato, ma i livelli plasmatici raggiunti (2-3microg/ml) paiono sufficienti per avere un'attività terapeutica. Dopo somministrazione orale l'assorbimento è rapido, raggiungendo il picco ematico in 15 min., anche se l'assorbimento è modesto (in media 4-5%). Gli antocianosidi vengono eliminati sia per via epatica sia per via renale. Il tempo di eliminazione dal plasma degli antocianosidi è di circa 2 ore. Peraltro la persistenza degli antocianosidi nella cute e nella retina è decisamente prolungata, il che giustifica la loro azione capillaroprotettiva a livello cutaneo e retinico.

Indicazioni principali:
fragilità capillare, in particolare a livello del microcircolo retinico, insufficienza veno-linfatica, infezioni delle vie urinarie inferiori in particolare vescicali, diarrea.

Azione prevalente:
capillaroprotettiva e antiossidante.

Altre azioni:
antiaggregante piastrinica, cardioprotettiva, anti-infettiva urinaria, antidiarroica.

EFFETTI COLLATERALI:
nessuno degno di nota.

CONTROINDICAZIONI:
è stato fatto uno studio su 5 volontari sani, che assumevano per os estratto secco di mirtillo titolato in antocianosidi al 23% alla dose di 60 mg/die per 7 giorni. La valutazione era fatta misurando nelle urine i seguenti parametri: pH, volume, creatinina, ossalati, calcio, fosfati, acido urico, sodio, citrato, magnesio e potassio pre e post terapia. Si è visto che tutti i soggetti mostravano, al termine della sperimentazione, un significativo (p<0,01) aumento dei livelli urinari di ossalati, con un incremento inferiore ma sempre significativo (p<0,05) del contenuti di calcio, fosfati e sodio. Questi risultati indicano che l’estratto di mirtillo può favorire la formazione di calcoli renali da ossalati e da fosfati di calcio, per cui va usato con cautela in pazienti con storia clinica di nefrolitiasi (30).Uno studio clinico controllato ha indagato l’effetto del succo di mirtillo sulla formazione dei calcoli di ossalato e non concorda coi risultati della sperimentazione suesposta. Sono stati arruolati 20 volontari sani, senza episodi pregressi di nefrolitiasi. 10 soggetti bevevano 500 ml/die di succo di mirtillo per 2 settimane e 10 ingerivano 2000 ml/die dello stesso succo sempre per 2 settimane. Si faceva poi un wash out di 2 settimane, al termine del quale i soggetti del primo gruppo facebano il trattamento del secondo e viceversa. Si valutava la presenza di ossalato di calcio, di fosfato di calcio e di acido urico nelle urine. Si è visto che il succo di mirtillo causava un calo dell’escrezione dei fosfati e degli ossalati di calcio e un aumento dell’escrezione dei citrati nelle urine. I dati di questo studio indicano che il succo di mirtillo ha addirittura un’azione antilitogenica (31).
INTERAZIONI FARMACOLOGICHE: Gli studi più recenti indicano che il succo e l’estratto di cranberry possono potenziare l’effetto anticoagulante del warfarin, potendo quindi causare seri problemi emorragici. Pertanto l’utilizzo di questi prodotti in pazienti in terapia anticoagulante va fatto sotto stretto controllo medico (46).Uno studio in vitro ha esaminato se il succo di cranberry potesse inibire l’attività della nifedipina ossidasi mediata dalla CYP3A in microsomi epatici umani o intestinali di ratto. Si è visto che questo succo era un potente inibitore dell’attività della CYP3A, dato che la preincubazione col 10% vol/vol di succo di cranberry e con 1 mM di NADPH per 10 minuti causava un’inibizione significativa dell’ossidazione della nifedipina. Negli animali trattati col succo di cranberry la AUC della nifedipina era di circa 1,6 volte più alta quando il succo veniva somministrato 30 minuti prima del farmaco suddetto. Peraltro il tempo di permanenza nel plasma, il volume di distribuzione e la costante di eliminazione della nifedipina non venivano modificate dal succo di cranberry. Lo studio indica che il succo di cranberry inibisce il metabolismo della nifedipina mediato dalla CYP3A sia nel ratto sia nell’uomo (47).Uno studio clinico ha valutato la potenziale interferenza tra il succo di cranberry e il warfarin. Sono stati arruolati 7 soggetti affetti da fibrillazione atriale trattati con warfarin da almeno 3 mesi, che dovevano assumere per os 250 ml di succo di cranberry o un succo placebo per 7 giorni. Si misurava il tempo di protrombina preterapia e dopo 2, 4, 7, 10, 14, 16, 18, 21 e 24 giorni. Il valore basale di INR era di 2,28 nel gruppo verum e 2,13 in quello placebo. Al termine dello studio si è visto che il valore dell’INR non si modificava apprezzabilmente in nessuno dei due gruppi studiati, indicando che il succo di cranberry non interferisce apprezzabilmente con il warfarin (48).

TOSSICOLOGIA: negli studi effettuati sugli animali non è stato finora possibile raggiungere la LD50 per via orale.

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